La storia pt 3 - Torrio Circolo

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Il circolo
Segni di una cultura                                                               Torrio 23-5-2010

 
Benvenuti a Torrio a tutti voi.
 
Osservando il nostro paese, capita di pensare a cosa rimane di chi ha vissuto quassù negli ultimi due secoli. Restano certamente alcune architetture: case o tracce di case, chiesa, cascine, casoni, fasce, mulini. Per chi sa osservare, resta il paesaggio: valle tribolata, limpidi torrenti, verdi prati, alberi da frutto, castagni, pascoli… tutti elementi di una visione compiaciuta. E ancora: strade, mulattiere e sentieri. Possiamo continuare con ciò che riguarda l'artigianato domestico, gli attrezzi, le tecniche edili; con le pratiche agricole, dalla semina al raccolto. Esistono, poi, i vari aspetti della cultura rituale, del pensiero, delle idee, degli usi, delle consuetudini, della solidarietà, che spesso si riassumono nei termini più comuni della tradizione e della identità. La gente, la nostra gente, su questa terra ha lavorato, spostato le case, pregato, litigato, amato, odiato, celebrato, cresciuto figli, sviluppato idee, elaborato pratiche nuove, selezionato piante e animali; ha ballato, cantato, festeggiato le ricorrenze, onorato i propri morti. Tutto questo è cultura e chi la conosce, la pratica, la tramanda, o ne è stato interprete in prima persona, come direbbero Ermanno Olmi e  Massimo Angelini è colto. Ed è colto chi contribuisce a mantenere in vita le espressioni che per secoli hanno fatto in modo che gli uomini comunicassero fra di loro.
Un semplice murale non basta a esprimere la riconoscenza che dobbiamo ai nostri avi, ma credo serva almeno a mantenere vivo il patrimonio della nostra comunità, costruito da tutte le generazioni che si sono avvicendate. Lo raccontano i luoghi: la piazza, la fontana, il pascolo, l’osteria, la chiesa; lo testimoniano le regole, quelle della famiglia, del gruppo di amici, della religione; lo giustificano gli scopi, come l’associazione consorziale, culturale, musicale (cori), politica (le amministrazioni locali), militare (gli alpini a cui va il nostro saluto), venatoria (i cacciatori). Nessuno di questi elementi è predominante, ma tutti contribuiscono a far sentire i legami che uniscono le persone. Ancora oggi, nella costruzione dell'identità personale, non si può prescindere che dalla comunità alla quale si appartiene. Inoltre, più si è consapevoli di farne parte, più si sapranno identificare le altre comunità. E se, poi, qualcuno, per vari motivi, non si ponesse il problema, sarebbe come se rifiutasse l'idea di qualcosa che sta sopra di noi, che ci ha plasmato e identificato, nonostante la nostra individualità, nonostante la nostra resistenza.
Tutti noi abbiamo un’ascendenza, più o meno lontanamente contadina. Vi scorgo eventi, storie, presenze, fedi, sopportazioni, comportamenti dotati di una straordinaria grandiosità. Sono quei valori di umanità ancora oggi ad affascinarci: sono valori profondi, semplici, sicuri dai quali un’esistenza travagliata assumeva senso e grandezza. La nuova civiltà alla quale l’uomo ha potuto accedere con relativa facilità, ci rivela adesso, dopo il primo entusiasmo, connotati di precarietà e di vuoto.
Ma oggi siamo qui, in molti, a testimoniare quello che veramente ci appartiene come vissuto; e ci troviamo, quindi, a festeggiare la gioia di ritrovarci e di riconoscerci. Probabilmente stiamo provando le stesse emozioni, nel pensare alle persone che non ci sono più, nel rivedere i luoghi della nostra infanzia, nel ricordare come eravamo, nel ritrovare noi stessi. Nella festa si scopre, infatti, la condivisione dell’esistenza quotidiana, l’essenza delle cose che ci circondano  e delle potenze che operano nella nostra vita. Perciò, grazie a voi tutti di essere qui.
Alla scuola, dove abbiamo realizzato il murale e che andremo a scoprire, come potrete vedere, siamo nei lavori. Stiamo, infatti, recuperando con notevole sforzo consorziale, quattro locali in quella che è stata la casa dei maestri che a Torrio si sono soffermati e ai quali va il nostro pensiero. In particolare mi è stato chiesto di ricordare, e, lo faccio con piacere, la maestra Stefania Troglio mancata nel 1996. Come altre ha avuto qui nel nostro Paese le prime esperienze didattiche, è diventata donna: educatrice, persona di  valore e di valori che sempre ha testimoniato, come l’appartenenza alla nostra montagna, agli abitanti di Torrio.  Oggi qui in paese siamo onorati della presenza di suo figlio Giovanni Piazza, concepito quì 40 fa, oggi illustre primo cittadino di Ottone.
Un sentito ringraziamento alla Fondazione di Piacenza e Vigevano, nella persona del suo presidente dottor Giacomo Marazzi, per il fattivo contributo dato che alimenta e stimola ogni elevata attività sociale e umana. Ringrazio la famiglia di Giuseppe Callegari e in particolare sua mamma Dionisia che ci ha permesso di avere per la prima volta il coro ANA Valnure a Torrio di cui ringrazio il loro direttore Don Gianrico Fornasari con tutti i coristi.  Ringrazio Don Guido per la sua costante e affettuosa partecipazione alla vita della nostra piccola comunità. Ringrazio gli immigrati che sono giunti da Parigi per ”esserci”, Ringrazio tutti i volontari, le nostre donne che hanno lavorato e lavorano anche oggi per farci sentire, attraverso la convivialità, ancora più comunità.
Buona Giornata tutti voi.         Gian-Carlo Peroni - Presidente del consorzio rurale di Torrio
Il murale di Torrio
 
Camminando per  Torrio capita di meditare su cosa rimanga del nostro passato. Restano case o tracce di case, la chiesa, alcune cascine, casoni, fasce, mulini. Resta il paesaggio: valle tribolata, limpidi torrenti, verdi prati, alberi da frutto, castagni, pascoli… tutti elementi di una visione compiaciuta, con le sue mulattiere e i suoi sentieri. Restano gli attrezzi dell'artigianato domestico, quelli delle tecniche edili e delle pratiche agricole. Esistono, poi, i vari aspetti del pensiero, delle consuetudini, della solidarietà, che spesso si riassumono nel termine più comune della tradizione.
La gente, la nostra gente, su questa terra ha lavorato, spostato case,cresciuto figli, pregato, litigato, amato; ha sviluppato idee, ha elaborato pratiche nuove, ha selezionato piante e animali; ha festeggiato le ricorrenze, ha onorato i propri morti. Tutto questo si chiama "cultura" e chi la conosce, la interpreta, la pratica e la tramanda. Chi fa queste cose, è "colto", perché  contribuisce a mantenere in vita le espressioni che per secoli hanno fatto comunicare fra loro gli uomini.
Il murale appena inaugurato non basta a esprimere la riconoscenza che dobbiamo ai nostri avi, ma, almeno, dovrebbe mantenere viva la storia della nostra comunità così come la raccontano i luoghi: la piazza, la fontana, la chiesa il pascolo, l'osteria; così come la testimoniano le abitudini sociali, che hanno costruito i legami tra le persone.
Nella nostra ascendenza contadina possiamo ritrovare tutti quei valori di umanità profondi, semplici e sicuri, dai quali un'esistenza travagliata assumeva significato e grandezza. Mentre la nuova civiltà, alla quale l'uomo ha potuto accedere in modo  relativamente  facile, ci rivela adesso, dopo il primo entusiasmo, connotati di precarietà e di vuoto. Nella "lettura del muro possiamo trovare quello che veramente ci appartiene come vissuto, le emozioni del ricordo delle persone che non ci sono più, i luoghi della nostra infanzia, come eravamo…
A questo punto è doveroso un pensiero speciale alla “scuola”, dove si stanno recuperando, con notevole sforzo consorziale, quattro locali nella vecchia casa dei maestri, ai quali va il nostro ricordo affettuoso e riconoscente.
Sono tanti gli enti e le persone  che hanno contribuito alla realizzazione del "muro", anche volontari, tutti da ringraziare, per aver contribuito a rafforzare il nostro senso di comunità, oltre ogni retorica. Gian-Carlo Peroni  PRESIDENTE CONSORZIO RURALE DI TORRIO

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